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246 | dalle «satire» |
E quel naturalissimo sincero
Crudelotto1 Tiranno Polifonte
105 Mi si è scambiato in Re Machiavelliero.2
E il mi’ Adrasto, e il su’ anello,3 e le sí pronte
Fide risposte dell’astuta Ismene;
108 E l’arte in somma qual c’insegna il fonte;4
(Dico, la dotta Tragizzante Atene)
Dove son elle in questo nuovo impasto?
111 Sognando il meglio, e’ si sfigura il bene.
Ombra vuolsi, ombra molta: indi è il contrasto.
Personaggio che basso e inutil pare,
114 Agli altri accresce, e senza stento, il fasto.5 —
Ombra sia, Don Buratto; ombra Lunare,
S’anco a lei piace: ecco, abrenunzio6 seco
117 Ogni luce che sia troppo Solare.
Vo’ rifar mie tragedie in manto Greco;
Strofe, Antistrofe, ed Epodo, e Anapesti,
120 Tutto accattando dall’Ellénio speco.7
Trissineggianti8 poi versi modesti,
E moltissimi, molto appianeranno
123 Lo stil, sí che il lettor non ci si arresti.9
I Personaggi si triplicheranno:
Né parran miei; sí ben Merope Prima10
126 Semplicetti e chiaretti imiteranno.
E alle corte; a mostrarle in quanta stima
- ↑ 104. Crudelotto, volgarmente crudele e spesso senza che della sua crudeltà si vegga la ragione.
- ↑ 105. Machiavelliero, scaltro e terribilmente logico come Niccolò Machiavelli.
- ↑ 108. Adrasto è, nella tragedia del Maffei, il perfido consigliere di Cresfonte, e a lui Egisto, figlio di Merope, consegna un anello, su cui è incisa una volpe, per ragion del quale Merope, dapprima, suppone che l’uomo ucciso sul ponte sia il figlio suo, poi che, all’opposto, il figlio suo sia l’uccisore. Da siffatti metodi di agnizione, di cui gli scrittori di commedie e di tragedie del ’500 e del ’600 fecero uso ed abuso, rifuggí sempre l’A., come indegni della nobiltà dell’arte che professava.
- ↑ 108. Il fonte, la sorgente di ogni bellezza e di ogni verità.
- ↑ 113-14. Circa il numero dei personaggi da introdursi nella tragedia, la pensava differentemente l’A., come abbiamo veduto, e anche di questo lo satireggiarono gli autori del Socrate, introducendovi solo tre interlocutori, Socrate, Xantippe e Platone.
- ↑ 116. Abrenunzio, voce latina del linguaggio ecclesiastico che significa abiuro.
- ↑ 120. Accattando, mendicando. — Speco, spelonca, antro.
- ↑ 121. Trissineggianti, molli, umili, acquosi come quelli di G. G. Trissino; valga un esempio: dice Massinissa a Sofonisba:
Regina, io non vo’ dir gli oltraggi e l’onte
Che Siface mi fe’ molti e molt’anni
Per non rinnovellar vecchio dolore,
Né far minore in voi qualche speranza.
Ma, sien quante si furo, il mio costume
È di perseguitare i miei nemici
Fin ch’io gli ho vinti, e poi scordar le offese. - ↑ 123. Non ci si arresti, passi oltre, senza che il suo intelletto si senta svegliato né il suo cuore si senta commosso.
- ↑ 125. Merope prima, quella Merope che voi puristi giudicate la piú bella, cioè la Merope del Maffei.