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di vittorio alfieri 241


Satira Ottava.1

I Pedanti.

Pistoclerus.
Jam excessit mihi aetas ex magisterio tuo.

Pædagogus.
Magistron’ quemquam discipulum minitarie?
Plautus, Bacchides, Act. I, Sc. 2ª, v. 40-44.


Pistoclero.
Fuor di Maestro, parmi, esser dovrei
All’età mia.

Pedagogo.
                       Ragazzo, or tu minacci
Il Precettore tuo?


Ed io gliel dico, che il Verbo Vagire
Non è di Crusca: usò il Salvin Vagito:
3 Ma, a ogni modo, Vagir non si può dire.2
Grazie a lei, Don Buratto: ebbi il prurito3
D’usar questo verbuccio in un Sonetto,
6 Per me’4 schernire un vecchio rimbambito. —
Me’ per lei, ch’anco in tempo a me l’ha detto!
Se no, l’opra ed il tempo ella perdea;
9 Che con sí fatta macchia, addio Sonetto.
Vuolsi ir ben cauti, allor che si ha un’idea;
Sempre vestirla d’abiti già usati:
12 Crusca esser vuole, e non farina rea.


  1. Le critiche mosse alla edizione senese delle tragedie alfieriane avevano senza dubbio ferito profondamente il nostro Poeta (vegg. le annotazioni ai son. Due Gori, un Bianchi e mezzo un arciprete, e Non piú scomposta il crine, il guardo orrendo), ma non è supponibile che egli attendesse a rispondere ai detrattori dell’opera sua fino al 1796, nel gennaio del quale anno fu incominciata la surriferita satira; occasione e spinta alla composizione di essa può darsi che fosse invece la parodia tragica intitolata Socrate, nella quale compendiavansi, con sufficiente arguzia, i difetti delle tragedie del nostro Poeta e che apparve la prima volta nel 1788. Di questa tragedia per ridere che l’A. giudicava, senz’altro, una sciocchezza, (vegg. lett. del 7 ott. 1788 a Mario Bianchi e a Teresa Mocenni) proprio nel ’96 facevasi la seconda edizione, segno evidente che aveva trovato buon numero di lettori, e ciò poté dare ai nervi all’A. e indurlo a rispondere agli anonimi critici (gli autori del Socrate furono quattro, il Mollo, il Sanseverino, il Sauli e il Viani), impersonandoli in Don Buratto, arciconsolo della Crusca.
  2. 1-3. Il discorso contenuto in questi versi s’intende che sia di Don Buratto; il buratto, come è noto, è il vaglio, il crivello, che è anche l’insegna dell’Accademia della Crusca, con quel motto che fu riferito altrove: Il piú bel fior ne coglie. — Veramente il Dizionario della Crusca non cita né vagirevagito, del che la rimproverò Vincenzo Monti, nelle Proposte di alcune correzioni ed aggiunte al Vocabolario della Crusca (Milano, Regia stamperia, 1824, III, 404), allegando di quelle voci esempi del Chiabrera, del Marchetti e di altri. — Anton Maria Salvini (1653-1729), solenne erudito e uno dei compilatori del Vocabolario; l’A. lesse, dal 1800 al 1802 l’Iliade, l’Odissea, e gli Inni Omerici, sopra una traduzione del Salvini e ne tempestò i margini di note furiose: ‘Bifolco!, ‘Buffone!, et similia.
  3. 4. Il prurito, la velleità, il desiderio.
  4. 6. Me’, meglio.
Alfieri, Rime varie. 16