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238 dalle «satire»


Satira Sesta1

L’Educazione.

.....Res nulla minoris
Constabit patri, quam filius.


Juven., Sat. v. 187.2


Pel padre omai la minor spesa è il figlio.


Signor Maestro, siete voi da Messa?3
Strissimo sí, son nuovo celebrante.4
3 Dunque voi la direte alla Contessa.
Ma, come siete dello studio amante?
Come stiamo a giudizio?5 i’ vo’ informarmi
6 Ben ben di tutto, e chiaramente, avante. —
Da chi le aggrada faccia esaminarmi.
So il Latino benone: e nel costume
9 Non credo ch’uom nessun potrà tacciarmi.6
Questo vostro Latino è un rancidume.7
Ho sei figli: il Contino è pien d’ingegno,8
12 E di eloquenza naturale un fiume.
Un po’ di pena per tenerli a segno
I du’ Abatini e i tre Cavalierini
15 Daranvi; onde fia questo il vostro impegno.
Non me li fate uscir dei dottorini:9
Di tutto un poco parlino, in tal modo10


  1. Questa satira fu, secondo l’autografo laurenziano, incominciata il 5 decembre 1795, e finita tre giorno dopo.
  2. Nel 1777 l’A. aveva letto per la prima volta le satire di Giovenale; e vi ritornò con piú amore, tentandone anche la traduzione in terza rima, nel 1790 (Aut., IV, 5° e 20°).
  3. 1. Signor Maestro, chiede il Conte all’istitutore che si è presentato per entrare al suo servizio, avete voi pronunciati i vóti, potete voi dire la messa?
  4. 2. Strissimo, aferesi per illustrissimo; frequente nel dialetto veneziano. — Son nuovo celebrante: ho pronunciati i vóti or ora.
  5. 5. A giudizio, a criterio.
  6. 9. Tacciarmi, accusarmi.
  7. 10. Un rancidume, una cosa caduta in discredito, e anche inutile.
  8. 10-11. Il Contino è il maggiore dei figli del Conte, al quale, per la legge del maiorascato, spettava il titolo paterno, e la massima parte dei beni. — Il Parini (Mattino, 227 segg.):
    ... A voi, diviua schiatta,
    Vie piú che a noi mortali, il ciel concesse
    Domabile midollo entro al cerèbro
    Sí che breve lavor basta a stamparvi
    Novelle idee. In oltre a voi fu dato
    Tal de’ seusi e de’ nervi e degli spirti
    Moto e struttura, che ad un tempo mille
    Penetrar puote e concepir vostr’alma
    Cose diverse, e non però turbarle
    O confouder giammai, ma scevre e chiare
    Ne’ loro alberghi ricovrarle in mente.
  9. 16. Dei dottorini, dei saputelli. «I miei parenti», scrive l’A. al cap. 2° dell’ep. I dell’Aut., «erano anch’essi ignorantissimi, e spesso udiva loro ripetere quella rituale massima dei nostri nobili d’allora; che ad un signore non era necessario di diventare un dottore».
  10. 17. Sieno capaci di parlare superficialmente di tutto, sí da far buona figura in società. Anche il Giovin Signore del Parini ciangotta il francese, studia il violino, è circondato da un nuvolo di maestri, sicché
    Il vulgo... a cui non dessi il velo