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di vittorio alfieri 179


CLXXIX.1

Il culto cattolico.

Alto, devoto, místico, ingegnoso;
Grato alla vista, all’ascoltar soave;
Di puri inni celesti armonïoso
4 È il nostro Culto; amabilmente grave.2
Templi eccelsi, in ammanto dignitoso,
Del cuor dell’uomo a posta lor la chiave3
Volgono; e il fanno ai mali altrui pietoso,
8 Disferocito da un Iddio ch’ei pave.4
Guai, se per gli occhi e per gli orecchi al core
Vaga e tremenda in un d’Iddio non scende5
11 L’immago in noi: tosto il ben far si muore.
Dell’uom gli arcani appien, sol Roma intende:6
Utile ai piú, chi può chiamarla Errore?
14 Con leggi accorte, alcun suo mal si ammende.


  1. Alla profonda trasformazione politica operatasi nell’A. in conseguenza della Rivoluzione francese, che erasi dimostrata, nella realtà, cosí diversa da come l’aveva sognata quell’amatore della astratta libertà, si accompagnò nel Poeta una trasformazione in materia religiosa non men radicale, tanto che, come racconta il D’Azeglio nel cap. quarto de’ suoi Ricordi, egli finí col comunicarsi e con l’ascoltare divotamente la messa: le pagine scritte dall’A. nel libro della Tirannide sull’infallibilità del pontefice, sulla confessione, sul celibato ecclesiastico, son cosí gravi che potrebbero oggi trovar posto in uno dei piú accesi giornali anticlericali; ad esse fa notevole contrasto il surriferito sonetto, ideato all’uscire di Santa Maria Novella, il 24 marzo 1795 (Vegg. intorno ad esso anche le parole che scrisse il Bertana a pag. 353 della cit. op. sua).
  2. 1-4. In questa quartina, la quale, con tutta probabilità, sorse spontanea dalla mente dell’A. — il resto del sonetto le si accoda alquanto faticoso e disordinato — il Poeta ci dà, piú che altro, l’impressione, diremo cosí, sensibile, in lui prodotta dalla celebrazione di un ufficio religioso, dallo splendere dell’altar maggiore, dal suonare dell’organo, dall’elevarsi degli inni. Che tale pompa inerente al culto cattolico fosse sempre piaciuta all’A. è detto in una sua lettera a Mario Bianchi del 15 agosto 1785. E nella sat. L’Antireligioneria:
    ... un sacrifizio mistico e composto
    Piú assai devota reverenzia infonde,
    Che un macellame e in su l’altar l’arrosto.
    E un Sacerdote, che di sangue immonde
    Le scannatrici mani al ciel non erge
    Un Iddio piú divino in sé nasconde.
  3. 6. Volgono la chiave, hanno in lor potere il cuore dell’uomo, ed è reminiscenza dantesca: ma l’immagine dei templi eccelsi che volgono a lor posta il cuore dell’uomo non è delle piú felici.
  4. 8. Disferocito, mansuefatto, addolcito. — Pave, teme (dal lat. pavere).
  5. 10. Vaga, bella, gentile. — E nel Saul (I, 1ª):
    Miseri noi! Che siam se Iddio ci lascia?
  6. 12. Molto differentemente la pensava l’A. diciotto anni prima; vegg. nelle annotazioni al son. Vuota, insalubre region che stato, le parole che egli scrisse intorno alla infallibilità del Pontefice.