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178 rime varie


Ali, e il fiso nel Sole ardito ciglio,
4 Son dell’aquila prode alteri vanti.1
Da tal nobile augello io ’l nome piglio:
Forse i miei prischi l’aquile tonanti,2
Che vincitrici fero il Ren vermiglio,3
8 Portaro un dí, sotto l’acciar sudanti.
Donde ch’ei nasca, egregio è il nome ed alto;4
Mi è grato; io ’l pregio; e il sosterrò, se basto,
11 Con ali e rostro e artigli e cuor di smalto.5
Già di affissare in lui miei sguardi il casto
Febo mi diè: chi muoverammi assalto,
14 S’anco Giove mi affida il fulmin vasto?6


    dalla parola sapiente e autorevole di Pio Rajna: «Il poeta astigiano», scrisse egli in una lettera ad Angiolo Orvieto, inserita nel n. 44° della Vita Nuova, rivista letteraria, «[si riferisce] manifestamente all’antica etimologia, che vedeva in Alfieri, portabandiera, un Aquilifer. Ma l’Alfieri aveva torto, non tanto perché la derivazione a cui egli prestava fede era erronea, quanto perché il suo nome non aveva proprio che veder con alfiere. Alfiere, portabandiera, è un vocabolo di importazione spagnuola, del quale in Italia non si sanno citare esempi anteriori al Cinquecento e la schiatta degli Alfieri ripete invece la sua origine onomastica da qualchecosa di ben altrimenti antico fra noi. Questo casato, al modo stesso di altri infiniti, non è in origine se non un nome proprio di persona; e un nome precisamente di provenienza germanica. Se ne possono raccogliere dalle carte esempi copiosi. In forma piú piena suonava Adelfero, Adelfiero, e si ridusse ad Alfero, Alfiero, al modo stesso come Adelberto, Adelfonso, Adeltrude, che hanno comune con esso il primo elemento della composizione, divennero Alberto, Alfonso, Altruda... Ad Asti il nome si fissò di buon ora come casato, ed ebbe lustro precoce dal cronista Ogerio Alfieri, vissuto nel sec. xiii. Ma quanto siano ivi numerosi fin da quel tempo gli Alfieri (de Aferio, Alfieri, Alferiorum) può mostrare a chiunque il codice cosí detto De Malabayla pubblicato dal Sella, o, per meglio dire, il suo indice. E neppure si rimane ristretti, senza cercar d’altri aiuti, ai limiti del dugento, ma si risale piú addietro ancora». (Tutta questa questione fu magistralmente riassunta in Asti e gli Alfieri nei ricordi della Villa di San Martino, da Ernesto Masi, Firenze, Barbèra, 1903, p. 26 e segg.).

  1. 4. Vanti, pregi.
  2. 6. I miei prischi, i miei antenati — Le aquile erano le insegne delle legioni romane.
  3. 7. Che tinsero di sangue le onde del Reno, forse allorché Cesare combatté nella Gallia.
  4. 9. Donde ch’ei nasca, non era dunque certo l’A. della sua origine romana. — Alto, glorioso: nell’Autobiografia (I, 1°), scritta anch’essa, come questo sonetto, quando dall’animo dell’A. era sbollito l’antico odio contro la nobiltà, che gli aveva ispirate crude parole nel libro della Tirannide, cosí si esprime il Poeta, parlando della propria famiglia: «Il nascere della classe dei nobili mi giovò... moltissimo per poter poi, senza la taccia di invidioso e di vile, dispregiare la nobiltà per se sola, svelarne le ridicolezze, gli abusi ed i vizi; ma nel tempo stesso mi giovò non poco la utile e sana influenza di essa, per non contaminare poi mai in nulla la nobiltà dell’arte che io professava».
  5. 11. Cuor di smalto, imperterrito, indomabile.
  6. 14. Vasto, mi par aggettivo posto unicamente per ragion di rima accanto a fulmine: il fulmine potrà essere scrosciante, tremendo, ma vasto? Se non significa scrosciante per largo spazio.