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138 rime varie


Noi siam ben tutti appieno in ciò gli stessi;
L’ultimo parto, ci par sempre il buono;
14 Ma il precedente pure arder non dessi.1


CXLIII.2

CAPITOLO


Ad Andrea Chénier

a Londra.

Parigi, 12 aprile 1789.


Ecco alfin giunta quella tanto attesa
Dolce epistola tua, Chénier diletto,


  1. 14. Dessi, si deve.
  2. Andrea Chénier nacque il 30 ottobre 1762 a Costantinopoli, dove suo padre occupava l’ufficio di console generale. A tre anni, fu condotto a Parigi e venne, co’ suoi fratelli, messo nel collegio di Navarra; ivi diè i primi saggi del suo ingegno poetico e del suo amore alla poesia greca e romana, imitando in alcuni versi un passo dell’Iliade, in altri uno dell’Eneide. Nell’81 lasciò il collegio e poté abbandonarsi alle sue desiderate letture, ogni testo annotando e parafrasando con pazienza infinita. Ma, poiché di soli studi letterari egli non poteva vivere, e gli era pur necessario darsi all’esercizio di una professione, entrò in un reggimento, di guarnigione a Strasburgo; come all’A. cosí allo Chénier la vita militare divenne presto insopportabile, onde l’abbandonò e nell’84 intraprese un viaggio, prima in Italia, poi in Isvizzera; doveva stare due anni fuor della Francia, ma, allo scadere del primo, lo assalí irresistibile il desiderio di rivedere i suoi cari. Il periodo che succedé, e precisamente gli anni dal 1785 al ’91, furono quelli della maggiore operosità letteraria dello Chénier. Nel 1787, essendo stato nominato ambasciatore di Francia in Inghilterra il Marchese De Luzerne, suo amico, egli lo seguí, tanto piú che il suo amore ai classici greci e latini poteva essere appagato là dove ogni giorno se ne stampavano di correttissimi. Londra ne’ primi tempi gli piacque, poi, a grado a grado, gli divenne odiosa: «la maladie noire des Anglais le gagnait», scrive Gabriele Chénier, suo biografo; il poeta fu assalito da fieri accessi di malinconia e solo poté sopportare la dimora in Inghilterra mercé l’assiduo studio, a cui si diede, de’ nostri poeti umanistici e particolarmente del Sannazaro, e mercé la prospettiva di rimettere di quando in quando il piede sul suolo della Francia. Nel 1791, essendosi ammalato l’ambasciatore De Luzerne e avendo ottenuto di lasciare il suo ufficio, anche lo Chénier fece ritorno a Parigi, quando già da tre anni la Rivoluzione era scoppiata: egli aveva applaudito, come plaudí l’A., come plaudí il Pindemonte ai princípi di essa, ma, allorché il 10 giugno 1792, vide invaso il castello delle Tuilleries e il re insultato e deriso, protestò contro tale irriverenza e tale abuso e, nel silenzio del suo studio, abbozzò il discorso che, se fosse stato Luigi XVI, avrebbe rivolto al popolo. Sospesa, dopo i fatti dell’agosto, la pubblicazione del Journal de Paris, a cui egli collaborava, volendo star lontano dalla Capitale e dai partiti, si ritirò nella solitudine della campagna e attese a’ suoi studi letterari. Ma il processo del Re, che egli riteneva inviolabile per la Costituzione del ’91, lo trasse novamente dalla solitudine degli studi alla tormenta della vita politica. Ucciso Luigi XVI, che il Poeta aveva gagliardamente difeso, lo Chénier stimò prudente appartarsi e distrarre l’attenzione del popolo dalla sua persona; ma poco gli valse, che il 7 marzo del ’94 fu arrestato dai membri del Comitato di sorveglianza: in prigione compose l’ammi-