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108 | rime varie |
Fin ch’io mi stava di mia donna al fianco,
Mi porgean l’alme suore1 alto diletto,
11 Né mai di apprender sazio era, né stanco.2
Privo di lei, son privo d’intelletto;3
Ogni senno e virtude in me vien manco,
14 «Pien di malinconia la lingua e il petto».4
CIV [cxl].5
Un brutto scherzo di Frontino.
Quel mio stesso Frontin, ch’io già vantai,
«Che vi porria ogni padre il proprio figlio»;6
Or con suoi tristi modi in tal periglio
4 Posto m’ha, ch’io credei7 nol narrar mai.
Ma in ciò (come in tutt’altro)8 il dir ch’io errai,
Già non mi grava di vergogna il ciglio;
Anzi piú sempre stimo alto consiglio
8 Non dir d’altrui ciò che di te mal sai.
Frontin, già casto e mansüeto affatto,
Perché un po’ lo sgridai de’ bassi amori,
11 Fellon, rabbioso, traditor si è fatto:
E mi si avventa; e in sua favella: muori,
Grida;9 e co’ morsi infra i suoi pié mi ha tratto. —
14 Quasi, ch’io fui d’ogni mia angoscia fuori.
- ↑ 10. L’alme suore, le Muse.
- ↑ 11. Un son. dell’A. non riferito in questa scelta, comincia con un verso simile:
Non di laudarti sazio mai né stanco... - ↑ 12. Non è vero che il soggiorno pisano e la lontananza della Contessa fosse deleteri per la mente del Poeta, giacché proprio nella prima metà del 1785 stese il Panegirico di Plinio a Traiano e si risolse a continuare la prosa del Principe e delle lettere ideata e distribuita piú anni prima a Firenze.
- ↑ 14. Il Petrarca, di Marco Aurelio (Trionfo d’A., I, 101):
Pien di filosofia la lingua e ’l petto. - ↑ Il fatto che dié argomento a questo sonetto, scritto a Pisa il 22 agosto 1785, era accaduto all’A. sulla strada dai Bagni di Lucca a Lucca verso la metà del precedente luglio, ed è cosí narrato in una lettera del 24 agosto all’abate di Caluso: «Io era a piedi per la strettezza della strada e teneva il cavallo pel freno: che voltatosi in faccia a me per voler seguitare una cavalluccia che passava, a una frustatella che gli diedi, s’impennò, mi s’avventò colle zanne aperte, mi morse nel petto, strappò tutti gli abiti, mi buttò in terra e dall’impeto mi rovinò sopra egli stesso. Ebbi delle contusioni a gambe e braccia, il morso, e degli sfregi nel volto, ma leggerissima cosa a quel che poteva essere, perché mi doveva ammazzare». Tiene dietro a questa lettera il son. che è surriferito.
- ↑ 1-2. Nel Capitolo sulla custodia dei cavalli al Gori-Gandellini, v. 24.
- ↑ 4. Credei, cioè, di doverne morire.
- ↑ 5. Come in tutt’altro, come in ogni altra cosa.
- ↑ 12-13 ... e in sua favella: muori, Grida: il Parini, della cagnolina:
.... in suo tenor vendetta
Chieder sembrolle...