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di vittorio alfieri | 99 |
E, se il fermo sperar non torna vano,
Pria che il dí terzodecimo sia morto,
A nuova vita io mi vedrò risorto,
8 Mercé i belli occhi e il volto sovrumano.
Mancan poch’ore a cosí immensa gioja,
Cui quanto appresso piú, men creder oso;
11 E temo il punto, e m’è il protrarlo noja.1
Eppur mi è dolce lo stato amoroso,
In cui par mille volte il dí si muoja,
14 Il temer meno, chiamasi riposo.
XCI e XCII.2
Per la morte dell’amico Gori-Gandellini.
Posto avea di mia vita assai gran parte
Nella soave tua schietta amistade;
E mi sei tolto in assai verde etade,
4 Mentr’io credei per pochi dí lasciarte!3
Dalla tua propria man vergate carte
Mi fean vivere in tutta securtade;
Quando, improvviso, come il fulmin cade,
8 Giunge la nuova che lo cor mi parte.
Chi pensato l’avrebbe? in dirti addio,
Era l’estremo! e rivederti io mai
11 Piú non doveva in questo mondo rio!
Ma, sugli occhi4 pur troppo ognor mi stai;
E vie piú caldo accendi in me il desío
14 Delle virtú, che in te solo trovai.
- ↑ 11. Noia, nel significato di intenso dolore, che gli antichi davano a questa parola.
- ↑ Di questi sonetti il primo fu composto il 20, il secondo il 23 settembre a Martinsbourg: la morte del Gori ispirò anche altri sonetti all’A., ma in tempo un poco posteriore, onde si riferiranno al momento opportuno.
- ↑ 1-4. Nel dialogo La virtú sconosciuta, l’A. immagina di rivolgere all’apparsa ombra dell’amico le seg. parole: «Assai cose mi rimaneano a dirti, e ad udire da te, quando (ahi lasso me!) per poche settimane lasciarti credendomi, senza saperlo, io l’ultimo abbraccio ti dava». E nell’Autobiografia (IV, 14°): «.... mentre io baldo e pieno di gioia mi avviava verso la metà di me stesso, non sapeva io che nell’abbracciare quel caro e raro amico, che per sei settimane sole mi credea di lasciarlo, io lo lascerei per l’eternità». — In assai verde etade, il Gori aveva, quando morí, 41 anno.
- ↑ 12. Sugli occhi, dinanzi agli occhi. Nel cit. dial.: «Desolato io, ed orbo mi sono da quel giorno funesto: né altra scorta al ben vivere, ed alle poche e deboli opere del mio ingegno mi rimase, se non la calda memoria di tue possenti parole, e di quella tua tanta virtú, di cui nobile ed eccelsa prova al mondo lasciare ti avean tolto i nostri barbari tempi, l’umil tua patria, un certo tuo stesso forte ben giusto disdegno, ed in fine l’acerba, inaspettata tua morte».