Pagina:Alfieri - La virtù sconosciuta.djvu/59


SONETTI. 57


Oltre all’ottavo lustro un anno appena
     Varcando iva lo amico del mio cuore,
     Quando il fratello suo morendo il mena
     Seco in tomba, sì grave ei n’ha dolore.
Eppur l’infermo, che duo dì premuore,
     Doppio aver lascia e libertade piena
     Al mio, che esemplo di fraterno amore,
     Perde a sì fera vista e polso e lena.
Nè già gli è tolto nel german l’amico;
     Ancor ch’ottimi entrambi, eran dispari
     D’alma, d’ingegno, d’indole, e di brama.
Pietà fu sola (e in ver, del tempo antico)
     Che orbato ha Siena, e me, d’uno dei rari,
     Ch’ebber alte virtudi, ed umil fama.


Era l’amico, che il destin mi fura,
     Picciol di corpo, e di leggiadre forme;
     Brune chiome, occhi ardenti, atto conforme;
     E scritto in viso: Io son d’alta natura.
Liberissimo spirto in prigion dura
     Nato, ei vi stava qual leon che dorme;
     Ma il viver nostro fetido e difforme
     Ben conoscea quell’alma ardita e pura.
Null’uom quasi apprezzando, (a dritto forse)
     Nullo pur ne odíava; e a tutti umano,
     Sol ben oprando ei stesso, i rei rimorse.
Troppa era ei macchia al guasto mondo insano:
     Invidia, credo, i lividi occhi torse,
     E a Morte cruda lo accennò con mano.

*