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56 SONETTI.


Posto avea di mia vita assai gran parte
     Nella soave tua schietta amistade;
     E mi sei tolto in assai verde etade,
     Mentr’io credei per pochi dì lasciarte!
Dalla tua propria man vergate carte
     Mi fean vivere in tutta securtade;
     Quando, improvviso, come il fulmin cade,
     Giunge la nuova che lo cor mi parte.
Chi pensato l’avrebbe? in dirti addio,
     Era l’estremo! e rivederti io mai
     Più non doveva in questo mondo rio!
Ma, sugli occhi pur troppo ognor mi stai;
     E vie più caldo accendi in me il desio
     Delle virtù, che in te solo trovai.


Oh più assai che Fenice amico raro,
     Che amavi me, nulla da me volendo;
     Che di vita tempravi a me l’amaro
     Meco i miei studj e i pianti dividendo;
Deh, sapess’io laudarti in stil sì chiaro,
     Che dal sepolcro il tuo nome traendo,
     Io nel mandassi riverito e caro
     All’altre età, cui di piacer più intendo!
Ciò per te stesso far potuto avresti
     Meglio assai ch’io, se avversi i tempi e il loco
     Non t’eran, dove occulti dì vivesti.
Ben d’ingiusta fortuna è crudo il giuoco;
     Voler che il fango vile in luce resti,
     E ignoto e muto il più sublime fuoco.