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DIALOGO. 47


reputar non ti dei: nè io ti concedo che tu sii colla fortuna tua ingiusto ed ingrato. Che di me ti dolga mi è dolce; poichè il moderato dolore agli animi teneri e grandi è pascolo, che ad essi anco arreca un loro particolare diletto; ma che tu ten disperi, nol voglio. Assai gran parte ti resta di quelle cose che all’umano cuore più giovano: anzi tutte ti restano, poichè quella stessa santa amistà che tra noi passava, e che pure, nol niego, è così importante e necessario sollievo alla umana miseria, tu la ritrovi tuttora, e sotto più piacevole e lusinghiero aspetto, nel cuore dell’amata tua donna. Con essa delle più alte cose parlare ti è dato; ella tutte le intende, le assapora, le sente. Sovrano impulso al ben fare dal dolce e sublime suo conversare trarrai, e l’hai tratto finora.

VITTORIO.

O dolcissimo amico, tu mi parli di cosa, che sola di seguitarti impedivami; argo-