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28 | LA VIRTU SCONOSCIUTA, |
avresti; ed io altissimo rendere tel potea snudandoti il vero-vero dell’anima mia. E forse spessissimo la fonte di ciò che virtù chiamavi, e che tal ti parea, avresti visto esser tale da dovermi costar lo svelartelo, non modestia, no, ma bensì ardire molto e vergogna.
- VITTORIO.
Conosco la umana natura e me stesso. Di me, o di tutt’altr’uomo, ciò credo esser vero che or tu mi accenni; ma di te non lo credo; o meno assai, che d’uomo nessuno del mondo.
Nè ingannarmi tu puoi a quest’ora di te stesso parlandomi, come forse in vita fatto lo avresti (non dico, narrandomi il falso, ma non tutto il vero del sublime tuo animo discoprendomi) per non offender forse, discreto troppo, la minoranza del mio. Ora dunque tacermi nulla tu puoi di te stesso: divisi siamo, e il siam per sempre, pur troppo! nulla di te mi rimane che la