Alces. O figli,
appunto allor che il viver mio
piú d’uopo v’era, io muojo!
Adméto Ahi! che farommi
orbo or di te?
Alces. Rimedio al pianto avrai,
dal tempo: i morti, un nulla sono.
Adméto Ah, trammi,
per gl’Iddii te ne prego, all’Orco trammi,
deh, teco.
Alces. All’Orco io sola or per te basto.
Adméto Ah, di qual moglie orbo mi rendi, o Fato!
Alces. Ma gli occhi gravi giá giá mi si appannano...
Adméto E pero io pur, se tu mi lasci, o sposa.
Alces. Nulla omai sono; e tosto a te pur anco
nulla parrò.
Adméto Deh, il volto innalza alquanto;
né abbandonar questi tuoi figli!...
Alces. A forza
li lascio... Or dunque, addio, miei figli...
Adméto Ad essi
volgi ancor gli occhi; volgili...
Alces. Giá manco.
Adméto Oimè! che fai? ci lasci?
Alces. Adméto, addio.
Adméto Ahi me misero, io pero!
Coro Ecco, passò:
ah! piú non hai, piú non hai moglie, Adméto.
Eúmelo Oh me infelice! la mia madre a Stige
discese: ahi, piú non la rischiara il Sole!
O padre, ella abbandonami, e vivrommi
orfano! — Mira, le palpébre ha chiuse,
misera; e sciolte le mani le cadono. —
Odimi, madre; odimi o tu, ten prego:
io son, io son quei che ti appello; il tuo
fanciul, che stassi or sul tuo labro, o madre!
Adméto Né piú t’ode, né vede; invan la chiami.