differiran la mia sventura: in breve
piú non sarò tra gli esistenti. — Addio:
sia letizia con voi: tu, sposo, il vanto
d’aver avuto ottima moglie or t’abbi;
e abbiatel voi d’ottima madre, o figli.
Coro Donna, affidati in lui; ben ei mi è noto:
saggio, qual è, mallevador non temo
farmiti, ch’egli adempirá i tuoi voti.
Adméto Tutto farò; deh, non temer, farollo.
Viva t’ebbi; e tu sola a me consorte,
anco estinta, sarai: né in vece tua
niuna Tessala moglie me suo sposo
mai chiamerá: né chiaritá di sangue,
né beltade havvi in donna omai da tanto.
Prole ho bastante, e dagli Dei sol chieggo
di goder questi; poiché (oh ciel!) tu tolta
mi sei. Ma il pianto, entro il confin dell’anno
giá non stará: finch’io vivrommi, o donna,
te piangerò; sempre odíando e il padre,
e in un colei che procreommi; amici
ambo a me in detti, e poi nemici, all’uopo.
Tu, sola tu, pel viver mio donando
ogni piú cara cosa tua, m’hai salvo.
Ch’altro oramai che gemiti mi avanza,
di cotal moglie orbato? Ah! per me mai,
non v’ha piú mai compagni, né conviti,
né corone, né canti: non piú udrassi,
qual solea, risuonar questa mia reggia
né della lira, né de’ miei lieti inni
colla Libica tibia accompagnati:
teco ogni gaudio del mio viver, donna,
m’involi tu. Ma, dalla industre mano
di dottissimi artefici un tuo corpo
avrommi; e in letto io ’l poserò: lí presso
io giacerommi, e il simulacro amato
fra mie braccia stringendo, e ad alta voce