nella reggia de’ morti:
egli è l’alato
Pluto dai foschi sopraccigli, e torvo
rimirante. Che vuoi? lasciami, o Pluto...
Ahi, qual cammino, oh me infelice, imprendo!
Adméto Gli amici in pianto, e i figli, e piú d’ogni altro
me lasci, o Donna, in sempiterno pianto.1
Alces. Lasciatemi; lasciatemi oramai;
a giacer riponetemi: non reggo
piú sovra i piè: morte si appressa: in notte
tenebrosa giá gli occhi mi si appannano.
O figli, o figli, in breve piú non è,
piú non è, no, la madre vostra: o voi,
godiate almen questo almo Sol, deh, lieti!
Adméto Oh detti, oimè, d’ogni piú cruda morte
piú crudi a me! ten prego or, per gl’Iddii,
e pe’ figli, che foran di te orbati,
deh non mi vogli abbandonar! te spenta,
io non vivrò: ripiglia animo alquanto;
cara e sacra mi sei; sta in te mia vita,
sta la mia morte in te.
Alces. Tu il vedi, o Adméto,
a che ridotta io sia: di aprirti bramo,
pria di morire, appien l’animo mio.
Per onorarti, e perché tu piú a lungo
questa luce in mia vece anco rimiri,
io per te muojo: ed in mia man ben era
il non perire; ed anzi, a scelta, avermi
altro Tessalo sposo, e seco starmi
entro beata reggia. Ma, non volli
da te disvelta io viver, no, coi figli
orbi del padre; né a me perdonai,
bench’io goder di giovinezza i doni
mi potessi anco. E i tuoi parenti entrambi,
- ↑ Il Testo dice: Lagrimevole (il cammino) agli amici e sovra tutti a me, ed ai figli, a cui questo pianto è comune.