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atto terzo | 29 |
SCENA TERZA
Antonio, Cleopatra, Diomede, Ismene.
Anton. E d’onde,
d’onde cotanto ardir? chi fia, che tenti
morte impedir al disperato Antonio?
Diom. Trattenni il braccio, e non per darti vita,
ma per serbarti illeso il prisco onore.
Anton. Ed in man d’un Romano il ferro ognora
non cancella ogni macchia? e il prisco onore
non rende a chi, fier, se l’immerge in seno?
Diom. Ma con Romana destra hai da ferire,
non giá con man di furibondo amante.
S’appressa Augusto.
Anton. Resti Cleopatra seco.
Io non sarei, che un testimonio indegno
dell’orgoglio di lui, di sua bassezza,
dell’onta mia.
Cleop. Or la misura è colma
del mio dolor, e de’ tuoi fieri insulti.
Ti lascio, Antonio; o me felice appieno
se pur, vittima sola oggi cadendo,
l’onor io rendo a te, la pace al mondo!
SCENA QUARTA
Antonio, Diomede.
d’un vincitor il non mai visto aspetto
reggerò sol, poiché l’infamia reggo
d’essere il vinto... Udiam d’Augusto i sensi...