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24 | antonio e cleopatra |
Che il mio destino, e quel d’un regno intero
affiderei al troppo incauto braccio,
e all’inutil valor, d’un cieco amante?
No, che non son sí stolta, e nuova trama
s’ordí nel campo a sicurar la prima.
S’odranno appena le guerriere trombe
intronar della zuffa il segno altiero,
ch’in mar le navi, e le coorti in terra,
abbandonato il loro prisco duce,
alle insegne d’Augusto andran soggette.
Dalla fuga di ognuno Antonio inerme,
ritorcerá in se stesso il suo furore.
Ismene O giusto ciel! Regina, e che mai festi?
E qual mercé dal tradimento aspetti,
se d’Augusto i pensier per anco ignori?
Cleop. Ei non ignora i miei; di sue vittorie
io fui stromento; e ancor che iniqui i mezzi
adoperassi a tanto, utili troppo
furo a dargli l’impero; e a disprezzarlo,
benché sia il frutto d’un’indegna frode,
non ha bastante il cuor Augusto in petto.
Ma che veggo? s’avanza Antonio irato;
di furore, e di morte ha il volto asperso...
Ma se a tanta ignominia ei sopravvisse,
no, non temer, Cleopatra, ei t’ama ancora.
SCENA SECONDA
Antonio, Cleopatra, Ismene.
sí, l’opra iniqua... A che nascesti, Antonio?
Pe disonor di Roma e di natura...
Lo scherno in oggi sei del mondo intero;
ognun ti fugge; ognun ti sprezza; io stesso