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236 abèle
or con le dure zolle or con le agnelle

forte adirato, ma non mai quant’ora.
Fratello del cor mio...
Caíno   Piú nol ti sono.
Abèle Ma tel sono io pur sempre: e il sei tu pure:
confido in te, sono innocente: io ’l giuro
pe’ genitori entrambi; io mai non seppi,
nulla mai, di quel fiume; e nulla intendo
or delle accuse tue.
Caíno   Malizia tanta,
doppiezza tanta, in sí recente etade?
Ah! di piú rabbia il finger tuo m’infiamma;
vil mentitore...
Abèle   Il tuo Abèl, mentitore?
Caíno Muori.
Abèle   Abbracciami pria.
Caíno   Ti abborro.
Abèle   Ed io
t’amo ancora. Percuotimi, se il vuoi;
io non resisto, vedi; ma nol merto.
Caíno — Eppur, quel pianto suo; quel giovenile
suo candor, che par vero; e il dolce usato
suon di sua voce, a me fa forza: il braccio
cademi, e l’ira. — Ma il mio ben per sempre
stolta pietade or mel torría?... Me lasso!
Che risolvo? che fo? —
Abèle   Fra te, che parli?
A me ti volgi: mirami: tu indarno
ora il viso mi ascondi: infra le atroci
orride smanie tue, sí, balenommi
dall’umido tuo ciglio un breve raggio
d’amor fraterno e di pietá. Ti prenda
deh pietá, sí, della mia giovinezza,
e di te stesso. Oh! credi tu che Iddio
poscia mai piú né i preghi tuoi né i doni,
gradir vorrá, se del fraterno sangue