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234 abèle
io non t’intendo: spiegati, e m’ascolta;

di me tu poscia a voglia tua fa strazio.
Ma pria m’ascolta, deh.
Caíno   Favella.
Abèle   Dimmi,
in che ti offesi?... Oimè! ma come io posso
parlare a te, finché sí torvo e fero
sovra me stai? gonfio le nari e il collo;
fiamma e sangue gli sguardi; il labro, il volto,
livido tutto; e il tremito, che t’agita
e le ginocchia e le braccia e la testa!
Pietá, fratello: un po’ ti acqueta: allenta
dalle tue mani or le mie chiome alquanto,
sí ch’io respiri.
Caíno   Abèle, io mai creduto
non ti avrei traditore.
Abèle   Ed io nol sono.
E lo sa il padre; e il sai tu pure.
Caíno   Il padre?
Nol mi nomar: padre d’entrambi al pari,
e giusto io ’l tenni; e m’ingannò.
Abèle   Che parli?
Puoi dubitar dell’amor suo? tu appena
da noi stamane dileguato t’eri,
ch’ansio per te, di mortal doglia pregno,
il padre tosto dietro all’orme tue
inviavami...
Caíno   Il so, perfidi; e prova
orribil m’era e indubitabil, questa,
del mal fratello e del piú iniquo padre.
Tutto so; cadde il velo: appien l’arcano
v’ha chi svelommi: in mio pensier son fermo
ch’esser non debbi a costo mio tu mai
felice, no.
Abèle   Te, per quel Dio, ch’entrambi
ci creò, ci mantenne, io te scongiuro,