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atto terzo | 215 |
procacciarmi e quíete. Ah! fra noi troppo
fur disuguali i patti: or si ricompri
col mio sudor mia libertade almeno. —
Vieni, o tu, dura marra, a me ne vieni
compagna tu: fiera nessuna io temo,
di te munito; o marra, arme, e ricchezza,
e del retaggio mio paterno sola
parte a me sii. Piú starmi io quí non posso:
a viva forza, una invisibil mano
fuor mi strascina. Vadasi. Non posso
veder piú, no, costoro tutti immersi
placidamente in usurpato sonno.
Ch’io mai piú non li vegga! mai, mai piú.
SCENA TERZA
Riappariscono Lucifero, e L’Invidia.
dell’ira orribile, che il de’ pur rodere:
sieguilo, sieguilo; tutto lo abbranca.
L’Invidia L’orme sue piú non lascio:
ma, per noi la cerasta
opra intanto, e gli guasta,
tutto in un fascio,
ed occhi ed alma e senno e cuore e mente.
Lucifero Sola, tu dunque, or basta
presso colui; presso quest’altra gente
quanto piú posso intanto
starò, di negra nube entro l’ammanto.