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atto secondo | 211 |
grave e pensoso, con se stesso.
Adamo O figli,
giá s’inoltra la notte; ite al riposo.
Vi benedice il padre: in Dio felici
dormite voi. Su la nascente aurora,
io desterovvi dal fraterno strato.
Dormite or queti nel sonno profondo
dell’amena innocenza.
Abèle Andiam; che omai,
dalla stanchezza, io piú non posso.
Caíno Andiamo.
Ma tu pur, madre, pria dei benedirci.
Eva Ed abbracciarvi, amati figli, a un tempo.1
SCENA TERZA
Adamo, Eva.
facevi tu del mio perduto bene?
Eva Mai non la fei: tu l’inibisti: io tacqui.
Adamo Ed io, mal cauto, e da mia doglia vinto,
io quasi or dianzi mi tradiva. Ah, noto
mai non sia lor tal fatto! io tema avrei,
ch’essi perciò ci amasser meno. Or, vieni;
posiam noi pure. — Onnipossente padre,
deh, su noi l’occhio tuo sempre mai vegli!
- ↑ Si ritirano i figli verso lo strato loro, opposto a quello che occuperanno poi Eva ed Adamo dopo le ultime parole dell’atto.