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atto secondo 209
fratellino; quest’altro anco tu mangia.

Eva No, no; che non è giusto: tu lavori
piú assai di lui; dei piú gran parte averne.
Caíno Piú che in mangiarlo io stesso, assai piú godo
in darlo a lui.
Abèle   Tu sei pur buono. O madre,
piglio, o non piglio? ei mel vuol dare: e tanto
mi piace, e tanto...
Adamo   Via; l’abbia Abelino:
e a te, figliuolo, in contraccambio voglio
dar questa pera: ell’è di quelle appunto
da me innestate: to’; vedi bellezza!
La ti riempie ambe le mani quasi:
mangiala tu, per amor mio.
Caíno   Che grato,
che prezíoso succo! ma, vo’ darne
anco ad Abèle uno spicchietto.
Eva   Oh! mira
ghiottoncello: mai cosa ei non rifiuta.
Abèle Io? gli obbedisco in tutto, come a padre.
Eva Sei pur vezzoso.
Adamo   Benedetti entrambi!
Siete i nostri occhi voi; sarete i fidi
bastoni un dí della nostra vecchiaja.
Abèle Ma, che cosa è questa vostra vecchiaja,
di cui sí spesso favellare io v’odo?
Adamo Ah, figlio! ell’è tutto il contrario, in tutto,
di quello ch’or sei tu. Giorno per giorno
alla tua forza, alla bellezza tua,
alla statura, all’intelletto, al senno,
alcuna cosa sempre ti si accresce:
cosí, giorno per giorno, alcuna cosa
di queste tutte scemasi ed annullasi
nei genitori tuoi.
Abèle   Ma, donde avviene?
Voi, che pur siete sí benigni, e tanto


 V. Alfieri, Tragedie postume. 14