ch’è di spiccarti dal paterno lido.
Va dunque in terra, ed a null’uom perdona;
ma sempre arreca pria l’ultimo strido
ai men rei, che con mano accenneratti
questa, che fida norma ognor saratti.
Entrambe intanto lo squallor natío
ammantate or di falso e blando aspetto:
tu, dai serpenti, un giovenil tuo brio
fingi, e in somma beltade un molle petto:
tu, dalla falce, le ignude ossa e il rio
tuo ceffo appiatta in matronale assetto:
madre e figlia parrete. A voi da presso
verrò lassú col mio figliuolo io stesso. —
Sí, Dei d’Inferno, a ritornar mi appresto
anch’io lassú, col figlio amato al fianco.
Non fia tra voi, chi a mia possanza infesto,
me tacci omai d’Imperator non franco:
mandar potrei tal che al parlare è presto,
ma che all’oprar saría presto assai manco.
Io vado, vinco, e riedo: al tornar poscia,
darò a chi ’l merta col disnor l’angoscia.
Coro Viva, viva il nostro Re.
In lui senno, in lui coraggio;
del suo popolo al vantaggio
sempre sempre intento egli è.
Viva, viva il nostro Re.
Una voce del Coro
Duci, e Guerrieri,
Cherubin neri,
tutti a far corte,
fin su le porte
arroventate,
su, tutti, andate
dietro al magnanimo
d’Inferno Re.
Coro Viva il magnanimo
d’Inferno Re.