Pagina:Alfieri, Vittorio – Tragedie postume, 1947 – BEIC 1726528.djvu/207


atto primo 201
quella, che in terra ognora il crudo morso

pascer sol debbe, e non lentar mai corso.
  Dietro ai passi d’Invidia, esca, ed accarni
con sua gialla spolpata mano adunca
l’uom, che ancor non la vide, e il squatri e scarni:
la terra omai di messe tal si ingiunca;
né d’uman sangue la terra è satolla,
se da radice pria svelta non crolla.
Coro   Morte, Morte, a dischiuder le porte
dell’Inferno doloroso,
vanne in terra, ed afferravi forte
quel vermetto sí orgoglioso,
che sua sorte — ancor tutta non sa.
Vanne, o Morte, — in terra va.
La Morte   Chi mi chiama?
  Dove sono?
  Dove vò?
  Chi tuonò?
  Che farò?
  Chi mi sfama?
Coro   Morte, Morte, a dischiuder le porte
dell’Inferno doloroso,
vanne, o Morte, in terra va.
La Morte   Si fará.
  La mia falce,
  la clessidra,
  ed ogn’Idra
  farò calce.
  In terra vò. — 1
  Chi, chi tuonò?
Lucifero   Figlia, quel che l’orecchia ora t’introna
alto fragor, è del mio Popol grido,
a cui pur anco il mio voler consuona,


  1. Qui s’alza un grido universale, che interrompe il cantar della Morte.