ratto a tutte un potere alto ripara,
d’amor vie piú destando in lor faville.
Coro E perdente fia l’Inferno
contro al Cielo un’altra volta,
or che lite, in ver non molta,
chi dell’uom s’abbia il governo,
dá la palma al vincitor?
Poca gloria il vincer fora,
che per l’uom l’Inferno è fatto:
ma soffrire, a nessun patto,
non vogliam ch’ei lotti ancora;
saria troppo a noi disonor.
Belzebub Possente re del tenebroso Abisso,
poiché a consiglio i tuoi ministri or chiami,
certo, udir tu l’ignudo vero brami;
ond’io dirtelo appieno in core ho fisso.
Dacché tu sotto le serpentee spoglie
la debil donna al grave error traesti,
sgombrar sí tosto di lassú, mal festi;
tel provi il pianto, ch’or da noi sen coglie.
Vince, chi dura. A sottentrarti in terra
se niun tra noi tu giudicavi degno,
men ratto il piè ritorcere al tuo regno
dovevi tu, se il mio parer non erra.
Ma, e chi lasciavi a sostener tal pugna,
che l’uom di colpa in colpa strascinasse?
Il sol Peccato; quasi ei sol bastasse,
quando a lui nostra forza non si aggiugna.
Ben di Superbia egli a te nacque, e tutti
ei chiude in se d’ogni mal’opra i semi:
ma quindi appunto i mezzi in lui fian scemi
per far che l’uom pieno un delitto frutti.
O legione di Demonj in armi
dovea dunque sgombrargli il varco a forza;
o mandar si dovea, sott’altra scorza,
peste maggior con lusinghieri carmi.