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prefazione dell’autore 185


il quarto tragedia mista, ed il quinto di nuovo schietta tragedia; fuorché in ultimo i pochi versi della Voce d’Iddio, che sono come lo scioglimento della macchina. Altri fará a posta sua altrimenti; ed io pure, se avessi compiute quell’altre, avrei in ciascuna variato circa la distribuzione, secondo che avrebbe richiesto il soggetto.

I culti religiosi degli antichi Egizj, dei Persiani, degli Ebrei, Caldei, Arabi, ed Indiani, dei Celti e Scozzesi, dei Greci stessi, e fra i moderni popoli, quelli dei Messicani e Peruviani, come rimoti molto di luogo, possono prestare ampia materia a questa specie di Dramma, essendo tutti a dovizia forniti di quel mirabile che quí si richiede; e lo possono somministrare sempre nuovo e diverso, ed egualmente efficace. Il campo, come poesia, è vastissimo. Chi è buon Lirico vi può sfoggiare; e cosí chi è buon Tragico: poiché raccozzati questi due rami di sublime poesia possono tra lor gareggiare senza che l’uno l’altro danneggi. Potrá l’autore ai su detti culti religiosi e costumi di queste remote nazioni appoggiare dei fatti cavati dalla tradizione, dalla favola, dalla storia, ed anco interamente inventati, ma sotto la scorza di nomi giá cogniti, e di avvenimenti verisimili secondo gli usi e lo stato politico di quelle contrade in cui si vorrá fingere il fatto.

Ma chi poi volesse far recitare, o questa, od altra tramelogedia, che su queste basi posasse, avverta principalmente di provvedersi due ben distinte Compagnie, l’una di attori tragici, l’altra di Cantanti; le quali, per lo piú disgiunte di scena, dovranno ciascuna coi loro diversi mezzi cooperare all’istesso fine. I tragici attori supporranno di recitare una qualche tragedia, in cui alcun cantante, senza punto sturbarli, viene introdotto a cantare. I Cantanti all’incontro (come piú presontuosi, piú ignoranti, e assai piú viziati che non lo sono per ora gli attori) supporranno che pel loro comodo e riposo, fra un atto e l’altro della lor Opera, i Tragici danno un intermezzo. Cosí lusingata, o delusa la loro stolida superbia, e tenuti poi in rispetto dalla generosa paga, costoro serviranno forse al soggetto senza avvedersene.

Se questo genere potesse operare il miracolo d’instillare negli Italiani l’amore della tragedia, io mi verrei forse allora a pregiare d’averlo promosso; e desidererei, anche non lo stimando per buono, ch’egli fino ad un certo segno si propagasse: essendo ben certo in me stesso che in breve poi la sana e schietta tragedia ne farebbe piena giustizia, col sottentrare essa in suo luogo, e sbandire la tramelogedia fra i parti mostruosi ed anfibj. Ma questo