vere tue mani, o Alceste: e quei vitali
divini accenti che ascoltai, dal tuo
labro adorato uscian veracemente.
Alces. Sposo, ed io pure i disperati detti
del tuo dolore immenso or dianzi udiva,
da te creduta estinta. Oh qual segreta
inesplicabil gioja, nel vederti
di me sí pieno, ancor che scevro affatto
d’ogni speme di me! Troppo tu m’ami;
e il tuo feroce giuramento il prova. —
Altro non resta, che, abbracciati i figli,
ringrazíar pomposamente i Numi.
Feréo Venite or sí, voi pargoletti, al seno
dei racquistati genitori entrambi.
Eúmelo Madre, e noi pur quanto abbiam pianto! Oh cielo,
vederti piú, nol mi credeva.
Ercole Io mai
piú giocondo spettacolo di questo
non vidi, né piú tenero. Mi sento
dolci lagrime insolite far forza
al ciglio mio pur anco.
Feréo E qual poi fia
dell’antiqua tua madre oggi la gioja
nel rivederti, o Adméto!
Coro In te gli Dei
lor possanza mostraro.
rcole Opra ben tutto
fu dei Celesti. Ad essi piacque, o Adméto,
che tu infermassi a morte, onde poi campo
alla virtú magnanima d’Alceste
schiuso venisse; ed agli Iddii pur piacque,
che tu estinta credendola l’immenso
tuo amor mostrassi col feroce giuro
di non mai sopravviverle.
Adméto Ma, come
concesso t’era dalle ingorde fauci