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atto quinto 171
Eccola; mira; Alceste viva è questa1.

Adméto Che veggo? oh cielo!
Feréo   Or qual prestigio!...
Coro   Oh nuovo
spavento! e che, dai chiostri atri di Pluto
scampar sí tosto?...
Admeto   Immobil stassi, e muta;
ahi, questa è l’ombra sua, ma non è dessa!
Ercole Dubbi, e terrore, e maraviglia, omai
cessino in voi: la vera, unica, e viva
Alceste è questa, e non d’Alceste l’ombra:
e intera grazia ottiene ella dai Numi,
pria d’esser tratta al ritual lavacro,
di pur poterti ed abbracciare, o Adméto,
e favellarti.
Alces.   Adméto, amato sposo,
noi riunisce, e per gran tempo, il Cielo.
Adméto Ah, l’alma voce, l’adorata voce
quest’è d’Alceste; e questa or dal sepolcro
hammi chiamato. Alceste, io pur ti stringo
dunque di nuovo infra mie braccia? Or venga,
venga pur Morte.
Ercole   Or lungo bando è dato
da questa reggia alla funesta Parca.
Alces. Molti e lieti anni infra i parenti e i figli
trarremo insieme: e sovruman stromento
d’inaudito prodigio, Ercole adora.
Adméto Splendere in te giá un Semidio ben veggo:
ch’io mi ti atterri...
Ercole   Sorgi: altro non sono
io, ch’un mortal; ma non discaro ai Numi.
Adméto Oh ciel! muto son io per la gran gioja.
Agli occhi miei quasi non credo: eppure
queste ch’io stringo, elle son pur le amate


  1. La svela.