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atto terzo 151
unico figlio mio, senza ch’io ’l dica,

tu il sai: tel dice l’affidato scettro,
ch’io spontaneo lasciavati anzi tempo
in mia verde vecchiaja. Annichilato
fu da me stesso il mio poter, per farti
(me vivo pur) Re di Tessaglia e mio.
Prova era questa, credilo, cui niuna
pareggia; e non men pento, ed in vederti
adorato dai sudditi, son pago.
Vinto in me dunque il Re dal padre, acchiusa
nella tua gloria ogni mia gloria ell’era.
Io, d’ogni stolta ambizíon disgombro,
privata vita alla consorte accanto
traea felice. E quí, non niegherotti,
né arrossirò nel dirtelo, che dolce
m’era ancor molto il viver, ch’io divido,
or giá tanti anni, con sí amata donna,
con la tua egregia venerabil madre:
specchio è dell’alma mia; per essa io vivo;
e in essa vivo.
Coro   Oh puro cuore! oh rara
virtude!
Feréo   Adméto, quell’affetto istesso,
ch’or disperatamente ebbeti spinto
ad oltraggiare il padre tuo; lo stesso
affetto di marito, in me non scemo
dal gel degli anni, mi avria tolto forse
quel coraggio sublime, onde trionfa
or la tua Alceste d’ogni maschio petto.
Per te morir non mi attentava io forse,
la mia donna lasciando: ma, se due,
d’una in vece, dovute erano a Pluto
le vittime; se in sorte alla cadente
moglie mia fida il natural morire
toccato fosse; ah, né un istante allora
io stava in dubbio di seguirla, io sciolto