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ATTO TERZO
SCENA PRIMA
Alceste, col figlio Eúmelo, e la figlia per mano; seguíta
e sorretta da varie ancelle. Adméto in disparte; e Coro.
di questa Dea terribile, il mio strato
stendete voi: debbo offerirle io stessa
la sua vittima quí. Voi, figli, intanto
ítene entrambi al padre vostro: ei stassi
(vedetel voi?) muto, e dolente, e solo
colá: ma in lui, quanta ne avesse ei mai,
giá rifiorí l’amabile salute,
ed ei per voi vivrassi. Itene, al collo
le innocenti amorose braccia vostre
avvincetegli or voi.
Eúmelo Deh! padre amato,
fia dunque ver che ti vediam risorto!
Oh qual gioja è la nostra!
Adméto Ah, fra noi gioja
non v’è piú mai. Lasciatemi; scostatevi,
troppo efferato è il mio dolore: affetti
piú non conosco al mondo: io, d’esser padre,
neppur piú il so.
Eúmelo Che sento! oimè, tuoi figli
piú non siam noi? Tai detti io non intendo.
Via, piú forte abbracciamlo, o fida suora;