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142 | alceste seconda |
STROFE I
piovea dal Ciel su la magion d’Adméto,
poich’ora al doppio mesta,
dopo il sanato sposo,
l’egregia figlia del gran Pelio resta?
Ed ei fa intanto a ogni uom di se divieto,
e in atto doloroso
stassi immobile; e muto
stassi, trafitto il cor da stral segreto:
e par, piú che il morire, a lui penoso
il riviver temuto.
ANTISTROFE I
l’impeto mugghia, e spaventevol onda
ambo i fianchi flagella
di alato nobil Pino,
il cui futuro immenso corso abbella
speme di altero varco a intatta sponda.
Il pietoso Destino
nol vuol de’ flutti preda:
ma che pro’, se di onor quanto il circonda,
vele, antenne, timone, ardir divino,
tutto ei rapir si veda?
STROFE II
ma non per questo ei vive,
perch’or gli nieghi il fato morte intera.
Uom, che nulla piú spera,
non è fra i vivi, no: penna ei di vetro,
che in adamante scrive,
s’infrange ognora all’odíosa cote
di sorte avversa, al cui feroce metro