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140 alceste seconda
Alces.   Ah, dirti

piú non poss’io, che il sono.
Adméto   Un mortal gelo
al cor mi è sceso. Oh ciel! non piú mia sposa
nomarti puoi?
Alces.   Son tua, ma per poch’ore...
Adméto Che fia? chi torti a me ardirebbe?
Alces.   I Numi;
quei, che giá mi ti diero. A lor giurato
ho il mio morir spontanea, per trarti
da morte. Il volle irrevocabil Fato.
Adméto Ahi dispietata, insana donna! e a morte
sottratto hai me, col dar te stessa a morte?
Due n’uccidesti a un colpo: ai figli nostri
tolto hai tu, cruda, i genitori entrambi,
e madre sei?
Alces.   Fui moglie anzi che madre:
e ai figli nostri anco minor fia danno,
l’esser di me pria che del padre orbati.
Adméto E ch’io a te sopravviva, o Alceste, il credi
possibil tu?
Alces.   Possibil tutto, ai Numi:
e a te il comandan essi. Or degg’io forse
ad obbedirli, a venerarli, o Adméto,
a te insegnar, che d’ogni pio sei norma?
Essi infermo ti vollero; essi, addurre
poscia in forse il tuo vivere; poi, darti
quasi vita seconda; e, di te in vece,
vittima aversi alcun tuo fido: ed essi
(dubitarne puoi tu?) me debil madre,
me sposa amante, al sagrificio eccelso
degli anni miei per gli anni tuoi guidaro
con invisibil mano, essi soltanto.
Adméto I Numi? ah, no: forse d’inferno i Numi...
Alces. Ch’osi tu dire, oimè! dal Ciel mi sento
spirare al core inesplicabil alto