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132 alceste seconda
nel sacello d’Apolline devota

le rituali abluzíoni or compie:
deh, trovatela, ed oda ella da voi,
ch’io sano, eppur di tremito ripieno,
prostrato ai piè di questa fatal Dea,
aspettando lei stommi.


SCENA SECONDA

Adméto.

  Oimè! comanda

di quí apprestarle un sagrificio? — Ah! m’odi
Dea possenta d’Averno; o tu, ch’or dianzi
in suon feroce tanto me appellavi,
qual non dubbia tua vittima; deh, tosto,
ove pur mai questa recente orrenda
mia visíon, verace esser dovesse,
deh tu ripiglia questa fral mia spoglia.
A tai patti, io non vivo. Ecco, mi atterro
al simulacro tuo, d’atre corone
di funereo cipresso adorno all’uopo:
e t’invoco, e scongiuroti di darmi
ben mille morti pria, che non mai trarre
tal visíone al vero.


SCENA TERZA

Feréo, Adméto.

Feréo   A queste soglie

del caro figliuol mio sempre ritorno
ansíoso, tremante: eppur lontano
starne a lungo non posso. I feri detti,
della misera Alceste un solo istante
non mi lascian di tregua. Almen chiarirmi