Pagina:Alfieri, Vittorio – Tragedie postume, 1947 – BEIC 1726528.djvu/13


atto primo 7
Poche sdruscite, e fuggitive navi,

miseri avanzi dell’audaci squadre,
eran l’oggetto de’ perversi gridi
* del basso volgo, che schernisce ognora
* quei, che non teme.
Cleop.   E in esse eravi Antonio?
Diom. Canidio, duce alla fuggiasca gente,
credea trovarlo in questa terra amica.
Invan di lui, e in terra, e in mar cercossi:
vinti, dispersi, e dal terror fugati
i soldati, che in folla approdan quivi,
piú dal dolor, che dal nemico oppressi,
chiedean scendendo, e in flebil voce Antonio:
l’Egitto a loro il difensor richiama;
tutti gridano invan; l’eco funesto
di tante voci, all’aura è sparso indarno,
né a lui perviene.
Cleop.   Abbandonato, e solo,
e da tutti tradito è dunque Antonio?
E sará invendicato?
Diom.   Eh no, regina;
lascian gli Dei inferocir fra loro
spesso i mortai, ma de’ misfatti il frutto
negan talor; né ’l traditor d’Antonio
impunito n’andrá d’un tal delitto.
Ma spenta nel mio cuor non è la speme
e sia pietade, ovver giustizia, o amore:
a piú gran fin parmi, che sia serbato
uom cosí invitto.
Cleop.   E come mai fra tanti
de’ suoi nessuno il vide? in qual maniera
lasciò l’armata? e chi con lui? favella.
Diom. Allor ch’intesi egli non esser quivi,
tacito, e mesto a te ne venni in pria
l’alta sventura a raccontar: fra breve
tutto saprai qui da Canidio istesso.