Ercole Dunque or ti affrena, e moderatamente
il tuo danno sopporta.
Adméto È assai piú lieve
gli altri esortar, che il sopportare i danni.
Ercole Ma poi, qual pro’, se tu in perpetuo piagni?
Adméto Anch’io stesso il conosco; e al pianto pure
sforzarmi Amore.
Ercole Amar gli estinti, è pianto.
Adméto Perdeami Amore; ed è piú acerbo il male,
piú assai, ch’io dir nol posso.
Ercole Ottima moglie
(chi ’l niegheria?) ti manca.
Adméto Ottima, a segno,
che a quest’Adméto non sará in eterno
dolce la vita mai.
Ercole Recente or troppo
la piaga: il tempo saneralla.
Adméto Il tempo?
Ben dicesti: la morte.
Ercole Un’altra donna,
e il desio d’altre nozze...
Adméto Oimè! che parli?
Taci: da te non io ciò m’aspettava.
Ercole E che? non piú nozze mai dunque? ognora
vedove piume coverai?
Adméto Non havvi
donna, che omai giaccia d’Adméto al fianco.
Ercole Ma e che? giovar cosí all’estinta or credi?
Adméto Ovunque aggirisi ella, il dover mio
è di onorarla.
Ercole Io laudoti; ti laudo,
ma pur ne avrai taccia d’insano.1
- ↑ Il Testo dice: Ma tu di pazzia sei multato. Spiegando la metafora col senso piano, e adoprando il verbo al futuro in vece del presente, il traduttore a bella posta ha indebolita alquanto l’espressione dell’ospite.
V. Alfieri, Tragedie postume. |
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