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100 alceste prima
or banchettando a un tale ospite ladro,

trista schiuma: e frattanto uscía per sempre
di questa reggia Alceste: né il seguirla,
né le mani prostendere ver essa,
né alla Regina mia li ultimi pianti
dar potei. Deh, quant’era e ai servi tutti,
e a me, piú che signora ella pur madre!
E quante volte l’ire essa molcendo
del Re, di mille inciampi noi traea!
Non odio a dritto io forse ospite tale
sí inopportuno giunto?


SCENA SECONDA

Ercole, Servo.

Ercole   O tu, che fai,

cosí guardando mestamente torvo?
Fosco ministro agli ospiti venirne
sconviensi; accor li debbe animo gaio.
Tu all’incontro, vedendo ospite amico
del tuo Signor, con cosí funesta faccia,
con tal cipiglio, a esterni guai pensando,
tu lo ricevi? — Accostati: ch’io farti
vo’ piú saggio, insegnandoti. Nol sai,
qual sia la essenza dell’umane cose?
Cred’io, nol sappi: onde il sapresti? or, m’odi.
Forza è, ch’uom muoja; e a niun mortale è dato
il saper, s’ei fia in vita il dí che segue.
Dubbio ognor troppo tien Fortuna il corso;
né d’impararlo, o d’impedirlo, è nota
l’arte ad alcuno. Addottrinato or dunque
tu da’ miei detti, rasserena il volto,
e bevi, e dí per dí la vita estíma
esser tua, finché l’hai; del caso, il resto.
Molto anche onora infra le Dive tutte