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atto secondo 75



SCENA SECONDA

Agide, Agiziade.

Agiz. Che veggo! Agide mio, fuor dell’asilo

tu stai? ratta a trovarviti veniva...
Agide Qual che ver me tu fossi, amata sempre
consorte mia, perché i tuoi passi or volgi
verso un misero sposo?...
Agiz.   Agide;... appena...
parlare io posso;... io riedo a te con l’aspra
mutata sorte: il tuo stato infelice
staccarmi sol potea dal padre. Il core
io strappar mi sentia, nel dí che i nostri
figli, e te, sposo, abbandonar dovea,
per non lasciar nel misero suo esiglio
irne solo il mio padre: né piú vista
tu mai mi avresti in Sparta, or tel confesso,
se ai crudi strali di fortuna avversa
ei rimanea pur segno. In alto ei torna,
tu nel periglio stai: chi, chi potrebbe
tormi or da te? teco ritorno io tutta:
e te scongiuro, per l’amor mio vero;
(pel tuo, non so s’io l’abbia ancor) pe’ figli
che tanto amavi, e per la patria tua,
(amor che tu tanto altamente intendi)
io ti scongiuro, almen per ora, a porre
tue nuove leggi in tregua. Amor di pace,
dei beni il primo, a ciò t’induca: il freno
ripigliar con Leonida ti piaccia
della cittá, qual per l’addietro ell’era...
Agide Donna, d’amare il padre tuo, chi puote
biasmarten mai? conoscerlo, nol puoi;
l’arte tua non è questa: ottima ognora,
e costumata, e pia, tu raro esemplo
fra’ guasti tempi di verace antico