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atto quarto | 257 |
SCENA QUARTA
Ciniro, Mirra, Cecri, Euriclea,
Sacerdoti, Coro, Popolo.
pompa omai cessi, e taccian gl’inni. Altrove
itene intanto, o sacerdoti. Io voglio,
(misero padre!) almen pianger non visto.
SCENA QUINTA
Ciniro, Mirra, Cecri, Euriclea.
stassi: il vedete, ch’io a stento la reggo?
Oh figlia!...
Ciniro Donne, a se medesma in preda
costei si lasci, e alle sue furie inique.
Duro, crudel, mal grado mio, mi ha fatto
con gl’inauditi modi suoi: pietade
piú non ne sento. Ella, all’altar venirne,
contra il voler dei genitori quasi,
ella stessa il voleva: e sol, per trarci
a tal nostr’onta e sua?... Pietosa troppo,
delusa madre, lasciala: se pria
noi severi non fummo, è giunto il giorno
d’esserlo al fine.
Mirra È ver: Ciniro meco
inesorabil sia; null’altro io bramo;
null’altro io voglio. Ei terminar può solo
d’una infelice sua figlia non degna
i martír tutti. — Entro al mio petto vibra
quella che al fianco cingi ultrice spada:
tu questa vita misera, abborrita,
davi a me giá; tu me la togli: ed ecco
V. Alfieri, Tragedie — III. | 17 |