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182 bruto primo
Lucrezia uccisa; e oltr’esso omai non varca,

né la loro empietá, né il soffrir nostro.
Popolo L’ultimo è questo; ah! Roma tutta il giura...
Valer. Il giuriam tutti: morti cadrem tutti,
pria che in Roma Tarquinio empio mai rieda.
Bruto — Mamilio, e che? muto, e confuso stai?
Ben la risposta antiveder potevi.
Vanne; recala or dunque al signor tuo,
poich’esser servo all’esser uom preponi.
Mamil. — Ragioni molte addur potrei;... ma, niuna...
Popolo No; fra un popolo oppresso e un re tiranno,
ragion non havvi, altra che l’armi. In trono,
pregno ei d’orgoglio e crudeltade, udiva,
udiva ei forse allor ragioni, o preghi?
Non rideva egli allor del pianger nostro?
Mamil. — Dunque, omai piú felici altri vi faccia
con miglior regno. — Ogni mio dire in una
sola domanda io stringo. — Assai tesori
Tarquinio ha in Roma; e son ben suoi: fia giusto,
ch’oltre l’onore, oltre la patria e il seggio,
gli si tolgan gli averi?
Popolo   — A ciò risponda
Bruto per noi.
Bruto   Non vien la patria tolta
dai Romani a Tarquinio: i re non hanno
patria mai; né la mertano: e costoro
di roman sangue non fur mai, né il sono.
L’onor loro a se stessi han da gran tempo
tolto essi giá. Spento è per sempre in Roma
e il regno, e il re, dal voler nostro; il seggio
preda alle fiamme, e in cener vil ridotto;
né di lui traccia pure omai piú resta.
In parte è ver, che i loro avi stranieri
seco in Roma arrecar tesori infami,
che, sparsi ad arte, ammorbatori in pria
fur dei semplici nostri almi costumi;