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atto terzo | 87 |
Ottav. Avean miei padri regno;
noti ad ogni uomo i loro error son quindi:
ma, degli oscuri o ignoti tuoi chi seppe
cosa giammai? Pur, se librar te meco
alcun si ardisse, a Ottavia appor potria
gli scambiati mariti? avanzo forse
son io d’un Rufo, o d’un Ottone?
Ner. Avanzo
di morte sei, per breve tempo. Omai
del tuo perire, incerto è solo il modo;
ma nol cangi, che in peggio. — Esci; e frattanto
t’abbian tue stanze: va; ch’io piú non t’oda.
SCENA SETTIMA
Nerone, Poppea.
Roma dovessi a fuoco e a sangue io porre,
meco il mio impero seppellir dovessi,
non ti fia fatto oltraggio piú (tel giuro)
per cagion di costei; né a me di mano
ella fia tratta mai. — Ti acqueta; in calma
ritorna; in me ti affida...
Poppea Altro non temo,
che di morir non tua...
Ner. Deh! cessa. Insorto
rapidamente è il rio tumulto, e ratto
disperderassi: all’opra anch’io mi accingo. —
Secura sta: d’ogni tua ingiuria e danno
vendicator me rivedrai, fra breve.