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atto terzo 79
Ottav.   Sottrarmi

il puoi tu solo; dalla infamia almeno...
L’infamia! or vedi, onde a me vien: Poppea
bassi amori mi appone.
Seneca   Oh degna sposa
di Neron fero!
Ottav.   Ei di virtú per certo
non s’innamora: prepotenti modi,
liberi, audaci, a lui son esca, e giogo;
teneri, a lui recan fastidio. Oh cielo!
io, per piacergli, e che non fea? Qual legge
io rispettava ogni suo cenno: io sacro
il suo voler tenea. Di furto piansi
l’ucciso fratel mio: se da me laude
non ne ottenea Neron, biasmo non n’ebbe.
Piansi, e tacqui; e non lordo di quel sangue
crederlo finsi: invano. Ognor spiacergli,
era il destin mio crudo.
Seneca   Amarti mai
potea Neron, s’empia e crudel non eri? —
Ma pur, ti acqueta alquanto. Ecco novello
giá sorge il dí. Tosto che udrá la plebe
del tuo ritorno, e rivederti, e prove
darti vorrá dell’amor suo. Non poco
spero in essa; feroci eran le grida
al tuo partire; e il susurrar non tacque
nella tua breve assenza. Iniquo molto,
ma tremante piú assai, Neron per anco
tutto non osa; il popol sempre ei teme.
Fero è, superbo; eppur mal fermo in trono
finor vacilla: e forse un dí...
Ottav.   Qual odo
alto fragore?...
Seneca   Il popol, parmi...
Ottav.   Oh cielo!
alla reggia appressarsi...