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atto terzo 375
non ne veniste a me. Nobil fra voi

contesa or sorge a cancellar la prima,
nell’accusar ciascun se stesso; ond’io
vi assolvo entrambi, e nullo reo ne tengo. —
Altro or dirotti. — Entro al pensier tornommi
quel tuo consiglio, ch’io biasmai stamane,
come non dritto e inopportuno. Or vedi,
sempre il miglior non è il parer primiero:
quanto piú in mente or rivolgendo io vado,
fra gli altri avvisi, il tuo, meno a me spiace.
Non giá ch’io creda, che affidar mi debba
ciecamente in Salviati; ei m’odia troppo:
ma teme anch’egli, e teme assai. Se dunque
all’odio alterno un tale ostacol pure
frappor potessi; o tale ordire un nodo,
che a reciproca fede ci astringesse;
un mezzo in somma, onde securi entrambi
vivessimo; ritrar dal sangue il core
non niegherei fors’io: forse anco aprirlo
alla pietá potrei...
Garzia   Padre, e fia vero?
Oh qual m’inonda alta letizia il petto!
Non, ch’io superbia dal parer mio tragga,
che nulla insegno al mio signor; ma gioja
verace sento, in rimirar che il padre
ad ottener l’intento suo pur sceglie
dolcezza usar, pria che minacce e sangue.
In chi regna sta il tutto; egli a sua posta
l’odio e il timor scemare o accrescer puote
in chi obbedisce. Ah! potess’egli entrambi
svellergli appien dall’altrui core, e a un tempo
dal suo! ma, il niega ai regnatori il fato.
Cosimo Ma, che fora, se un dí dolcezza troppa
ad increscer mi avesse?
Garzia   A cor gentile
increbbe mai? Né temer dei, che danno