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326 la congiura de’ pazzi
tutto fia tuo: con te divider soli

ne vo’ i perigli. A compierla non manca,
che il mio nome, tu di’? tu il nome mio
spendi a tua posta omai: disponi, eleggi,
togli chi vuoi dai congiurati. Un ferro
serba al padre, e non piú: qual posto io deggia
tener, qual ferir colpo, il tutto poscia
m’insegnerai, quando fia presto il tutto.
In te, nell’ira tua dotta mi affido.
Raim. Ma, il punto,... assai, piú che nol credi,... è presso.
Giá tu pensier non cangi?
Gugl.   A te son padre:
il cangi tu?
Raim.   Dunque il tuo stile arruota,
che al nuovo dí... Ma chi mai viene? Oh! Bianca!
Sfuggiamla, amico. A ordir l’ultime fila
della gran tela andiamo. A te fra poco,
io riedo, padre, e il tutto allor saprai.


SCENA TERZA

Guglielmo, Bianca.

Bianca Raimondo io cerco; ed ei mi sfugge? O padre,

dimmi, e perché? con chi sen va? — Che veggio?
Tu fuor di te sei quasi? Or, qual t’ingombra
alto pensiero? oimè! parla: sovrasta
sventura forse?... A qual di noi?...
Gugl.   Se angoscia
grave mi siede sul pallido volto,
qual maraviglia? io tremo, e n’ho l’aspetto:
e chi non trema? Il mio squallore istesso,
se intorno miri, in ciascun volto è pinto.
Bianca Ma, di tremar qual cagion nuova?...
Gugl.   O figlia,
nuova non è.