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306 la congiura de’ pazzi
Bianca   Oh cielo!

E di che amore!... A vera gloria il campo,
deh, concesso or ti fosse!... Ma, corrotta
etá viviam: gloria è il servir; virtude,
l’amar se stesso. Or, che vuoi tu? cangiarci
uom sol non puote; e altr’uom che te, non conti.
Raim. Perciò mi rodo, e perciò... taccio.
Bianca   Or vieni;
volgiamo altrove il piede: in queste stanze
porre tal volta il seggio lor son usi
i miei fratelli...
Raim.   Il so: quest’è il recesso,
ove l’orecchio a menzognere lodi
s’apre, ed il core alla pietá si serra.
Bianca Vieni or dunque; al velen, ch’ogni tua vena
infesto scorre, alcun dolce pur mesci.
Oggi abbracciati i nostri figli ancora
non hai. Deh! vieni: a te il diranno anch’essi
con gl’innocenti taciti lor baci,
meglio ch’io col parlar, che pur sei padre.
Raim. Deh, potessi cosí, com’io rammento
di padre il nome, oggi obbliar quel d’uomo! —
Ma, andianne omai. — Se a me sien cari i figli,
tu il vedrai poscia. — Ah! tu non sai (deh, fia
che mai nol sappi!) a qual funesta stretta
traggano i figli un vero padre; e come,
il troppo amarli a perderli lo tragga.