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ATTO TERZO

SCENA PRIMA

Almachilde, Romilda.

Almac. ... Deh! perdona, s’io forse inopportuno

chiederti osai breve udienza in questo
tuo limitar: ma troppo a me rileva
l’appalesarti quanto in cor diverso
io son per te dalla tua ria madrigna.
Romil. E il crederò? Deh, se tu ver dicessi!...
Ma che? son io sí misera, ch’io deggia
tener da te cosa del mondo?... Oh dura
mia sorte! il son, pur troppo. — A me di nozze
fa che mai piú non si favelli: io forse
a te dovrò la pace mia.
Almac.   Ben altro
a far per te presto son io, ben altro...
Tu d’Alarico preda, a cui due spose
visto abbiam trucidar, l’una di ferro,
di velen l’altra? Oh ciel! tu, che dovresti
d’ogni virtú, d’ogni gentil costume
essere il premio? e che col sol tuo aspetto
puoi far felice ogni uomo? — Ah! no; non fia
ciò mai, finch’io respiro. Io ’l vieterei,
s’anco pur tu il volessi; indi argomenta
s’io il vo’ soffrir, quando inaudita forza
trarvi ti de’. Preghi e ragion, da prima,