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atto quarto 283
Maria Tempo or non è di menomar suoi detti:

togli ogni vel; sue temerarie inchieste,
e tue promesse temerarie, narra.
Orm. ... È vero,... ei... mi chiedea... d’Elisabetta,
in suo favor, l’aíta.
Maria   Omai scusarti
sol puoi col vero. Il tutto io so. Che vale?
Taciuto invan l’avresti. Arrigo, ei stesso,
all’eseguir come all’imprender cauto,
ei primo avrebbe Elisabetta, e Ormondo,
e se tradito: ma di propria tua
bocca udir voglio...
Orm.   A me doleasi Arrigo,
che mal si nutre a doppio regno in queste
mura il suo figlio: a Elisabetta quindi
darlo in ostaggio, di sua fede in pegno,
sceglieva ei stesso...
Maria   Oh non mai visto padre!
E v’assentivi tu?
Orm.   ...Con un rifiuto
nol volli a prima io disperar del tutto...
perch’ei null’altro disegnasse, io finsi...
Maria Basta; non piú. Macchinator d’inganni
Elisabetta, il credo, a me t’invia;
ma piú sottili almeno. Or vanne; al grado,
ciò che non merti per te stesso, io dono.
Ella intanto saprá, che a me si debbe,
se non piú fido, messaggier piú destro.


SCENA SESTA

Maria, Botuello.

Bot. Arte, ma tarda, è ne’ suoi detti. Oh come

passa ei tra ’l vero e la menzogna! In tempo
conoscerlo giovò.