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atto primo 9
son, che guerriero. — Alto giá giá mi sorge

di trucidati e di mal vivi intorno
un monte; quando il buon destrier trafitto
mi cade; io balzo in piè; ma il piè mal fermo
sul suol di sangue lubrico mi sdrucciola,
sí ch’io ricado. — Giá l’oste si ammassa,
e addosso a me precipitosa piomba.
Di sua virtú gli ultimi sforzi, indarno
iva facendo il mio stanco languente
brando: quand’ecco, in men che non balena,
con non molti de’ suoi, s’apre Ildovaldo
fra schiere, ed aste, e grida, e spade, ed urti,
infino a me la via. Diradan tosto;
a destra a manca in volta piegan; rotti
volan dispersi i rei nemici in fuga.
Ripreso ardire, i miei gl’incalzan forte;
ampia messe han lor brandi; onde l’incerta
campal giornata in sanguinoso orrendo
total macello in un momento è volta.
Rosm. Respiro al fine: al fin sei salvo: inciampo
niun altro io mai temeva al vincer tuo
che il valore tuo troppo. Era Ildovaldo
giá fra i maggior di questo regno; or fia
soltanto a te secondo.
Almac.   Esser gli deggio
tanto piú grato, quanto a me piú farlo
volean sospetto anzi la pugna alcuni
invidi vili. Ei d’Alarico i tardi,
e forse infidi ajuti, assai ben disse
non doversi aspettar: piú val suo brando,
che mille ajuti: egli è il mio prode; ei solo
la guerra a un tempo, e la giornata ha vinto.
Fama, ancor che diversa, orrevol suona,
or che in sue man lo stesso Clefi è preso;
or che il piagasse a morte; ed è chi ’l dice
anco ucciso. Seguir de’ fuggitivi