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94 ottavia
or di celarmi il tuo timor ti sforzi?

Non leggo io tutti i tuoi piú interni affetti
nel volto amato? occhio di donna amante,
sagace vede. — Attonito, da prima,
dalle insolenti popolari grida
fosti, al tornar di Ottavia; or, crescer odi
l’ardire; onde atterrito...
Ner.   Atterrito io?...
Poppea So, che il forte tuo core ognor persiste
nella vendetta: ma, son dubbj i mezzi:
e intanto esposto a replicati oltraggi
rimani tu. Le irriverenti fole
per anco udir di un Seneca t’è forza:
ben vedi...
Ner.   Atterrito io?
Poppea   Sí; per me il sei: —
né in te potrebbe altro timor; tu tremi,
che il popolar furore in me non cada. —
Amar potresti, e non tremare? Il tuo
stato mi è lieve argomentar dal mio.
Del tuo periglio, e di tua immago io piena,
e di me stessa immemore, ad un lampo
di passeggiera pace, or non mi acqueto.
Ai terror nostri io vo’ dar fine, e trarre
te d’ogni rischio, a costo mio. Per sempre
perder ti vo’, per conservarti il core
del popol tuo.
Ner.   Ma che? mi credi?...
Poppea   Ah! lascia:
farti in tuo pro forza vogl’io: son ferma
di abbandonare il trono tuo; sbandirmi
di Roma; e, s’uopo fia, dal vasto impero.
Quella che il volgo in seggio or vuole, in seggio
donna rimanga, poiché il volgo è fatto
l’arbitro del tuo core: abbiasi il trono,
(ma questo è il men) del mio Nerone ell’abbia,