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ATTO TERZO

SCENA PRIMA

Carlo, Isabella.

Carlo Scusa, deh! scusa l’ardir mio novello:

s’io richieder ti fea breve udíenza
dalla tua Elvira in ora tarda e strana,
alta cagion mi vi stringea.
Isab.   Che vuoi?...
Perché a me non mi lasci? a che piú tormi,
la pace ch’io non ho?... Perché venn’io?
Carlo Deh! non sdegnarti; or or ti lascio; ahi sorte!
Ti lascio, e torno all’usato mio pianto.
Odimi. Or dianzi al genitor tu ardisti
quí favellare a favor mio: gran fallo
tu festi; a dirtel vengo; e al ciel deh piaccia,
ch’io sol n’abbia la pena! Ei di severa
pietá fea pompa; ed il perdon mi dava,
pegno in lui sempre di piú atroce sdegno.
Grave oltraggio al tiranno è un cor pietoso:
ottima tu, non tel pensavi allora;
a rimembrartel vengo: a dirti a un tempo,
che in lui foriera è d’ogni mal pietade.
Terror, che in me mai non conobbi io prima,
da quell’istante il cor m’invase: oh cielo!...
Non so: nuovo linguaggio ei mi tenea;


 V. Alfieri, Tragedie - I. 6