Pagina:Alfieri, Vittorio – Tragedie, Vol. I, 1946 – BEIC 1727075.djvu/380

374 oreste
Cliten.   Ahi! dove?

Egisto   A trucidarlo.
Cliten.   A morte
tu corri. Oimè! che fai? del popol tutto
non odi gli urli, il minacciar? t’arresta;
io non ti lascio.
Egisto   Invan l’empio tuo figlio
speri a morte sottrar. Scostati, taci,
lasciami, o ch’io...
Cliten.   Tu sí, svenami, Egisto,
se a me non credi. «Oreste». Odi tu? «Oreste».
Qual d’ogni intorno quel terribil nome
alto risuona? ah! piú non sono io madre,
se tu in periglio stai: contro il mio sangue
giá ridivengo io cruda.
Egisto   Il sai, gli Argivi
odian l’aspetto tuo: nei loro petti,
or col mostrarti, addoppieresti l’ira.
Ma il fragor cresce. Ah! tu ne fosti, iniqua,
tu la cagion: per te indugiai vendetta,
ch’or torna in me.
Cliten.   Me dunque uccidi.
Egisto   Scampo
io troverò per altra via.
Cliten.   Ti sieguo.
Egisto Mal ti fai scudo a me; lasciami: vanne:
a niun patto al mio fianco te non voglio.


SCENA TERZA

Clitennestra.

Mi scaccian tutti!... Oh doloroso stato!

Me non conosce piú per madre il figlio;
né per moglie il marito: e moglie, e madre
io son pur anco. Ahi misera! da lungi
pur vo’ seguirlo, e non ne perder l’orme.